La strage delle Fosse Ardeatine il 24 marzo 1944.

In una delle più ricordate stragi fascinaziste, 335 persone furono uccise il 24 marzo 1944 come rappresaglia dell’attentato partigiano di via Rasella. Per capire cosa sia successo a Roma e in tutta Italia in quell’epoca, nella capitale abbiamo un museo di enorme valore, di cui andrebbe finanziato il potenziamento e lo sviluppo.

Incisione in lingua inglese sul muro della cella che, fra gli altri, accolse il generale Simone Simoni, malato di tubercolosi

Quel museo si chiama Museo della liberazione, e per entrare non si paga il biglietto. Quante volte, prendendo la Linea A della metropolitana di Roma, avete sentito l’altoparlante recitare “Manzoni Museo della Liberazione” all’arrivo alla stazione di Viale Manzoni? Ecco, la prossima volta (appena torneremo in “zona gialla”, s’intende), se potete, scendete, salite in superficie e andate a Via Tasso 145. Come dite? Ah questo nome vi ricorda qualcosa. Sì, era la prigione nazifascista durante l’occupazione di Roma nel 1943-1944. Vi furono torturati e uccisi prigionieri politici, partigiani, militari, agenti di polizia e dei carabinieri, personale civile e militare e persone comuni. Non solo italiani, come vedete in queste immagini, che ho scattato personalmente nel museo poco prima della proclamazione della “zona rossa”. Tutti accomunati dalla partecipazione alla Resistenza. Anche chi non ci aveva niente a che fare, una volta finito lì, di fronte alla Storia ne entrò a far parte.

Camicia del Prof. Gioacchino Gesmundo, trucidato alle Fosse Ardeatine.

Una volta entrati, vi accoglierà un volontario anziano, che con passione e solerzia vi inviterà a fare una donazione, se lo vorrete. Sì, perché qui l’ingresso è gratuito. Qui c’è la nostra storia, la nostra casa, il nostro cuore. Le foto dei prigionieri, le loro vite, il loro sangue, l’orrore che dovettero subire, vedere, vivere e di cui infine presto o tardi morirono. Vi faccio una proposta. Coniamo un nuovo aggettivo: fascinazista, invece di nazifascista. Il fascismo viene prima. In tutti i sensi. Non mi dilungherò nel ricordare come il fascismo sia stato per il nazismo un modello, e potete documentarvi facilmente in rete sul fatto che, tanto nel caso delle Fosse Ardeatine che di altre dozzine di stragi in tutta la penisola e al di fuori degli attuali confini nazionali, i fascisti ebbero regolarmente un ruolo di primo piano nel provocare morte e distruzione.

Il calendario delle torture subite in carcere

Sono convinto che finché non usciremo da questo falso storico auto-assolutorio che ci porta sempre ad alienare la responsabilità nella Germania hitleriana, non potremo fregiarci di essere una democrazia compiuta.

Dalla prigione di Via Tasso vennero prelevate molte delle vittime trucidate alle Fosse Ardeatine. Così da Regina Coeli. Con la mediazione del questore Caruso. Con l’aiuto di molti italiani. Con il silenzio della chiesa e del papa.

Se si vuole capire da dove veniamo, e quanto non sia lecito porre sullo stesso piano etico e storico le scelte di chi fu dalla parte della Resistenza, civile o militare che fosse, e chi restò dalla parte del fascismo, è necessario andare a visitare questo Museo.

Nel mio romanzo Mare in fiamme il piccolo Ivano viene portato in gita scolastica alle Fosse Ardeatine ma lui, contro-educato da una madre di discutibili idee, ignora l’importanza di quel sacrario. È quello che per i nostri giovani dobbiamo evitare a ogni costo, nei prossimi anni. Perché da molte parti si vuol far prevalere l’oblio e non c’è modo migliore per ottenerlo che il silenzio.

Con l’auspicio che il Comune di Roma e il Ministero dei Beni Culturali si decidano a finanziare la ristrutturazione e il riallestimento del Museo fino a farne ciò che dovrebbe essere, e in potenza già è, ovvero uno dei musei più importanti dello Stato italiano, andiamo (appena si potrà) a toccare con le nostre mani le mura su cui fu versato sangue per la nostra libertà di oggi.

Il comunicato tedesco sulla strage delle Fosse Ardeatine

N.B. Tutte le fotografie sono state scattate da me personalmente

in occasione della visita al museo il 5 marzo u.s.